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Un tempio innalzato a un idolo è un peccato mortale tale da attirare su quella terra il castigo divino. |
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Leggo sul "Mattino" di venerdì 25 aprile la lettera di Graziano Debellini pubblicata in prima pagina sotto il titolo "Referendum e moschea". A un primo moto di rifiuto si accompagna l'idea che si tratti di uno dei soliti laicisti o cattoprogressisti. Sorpresa: si tratta invece nientemeno che del leader veneto di Comunione e Liberazione, movimento da qualcuno ancora considerato "conservatore". |
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Vogliamo sorridere sulla "lungimiranza" di Paolo VI, secondo il quale una moschea a Roma avrebbe accentuato l' "universalità" della Città Eterna? Un Vicario di Cristo non dovrebbe sapere che per universalità la Chiesa intende quella cattolica ("cattolico" significa appunto "universale") e non quella multireligiosa, di matrice massonica e sempre da essa condannata? Sì, dovrebbe saperlo, come pure Montini avrebbe dovuto sapere che al suo tempo vigeva il Concordato del 1929, in base al quale una moschea a Roma (città santa) era semplicemente impossibile, a meno di violare il Concordato stesso e di conseguenza la Costituzione (già, quella Costituzione di cui tutti si riempiono la bocca e che il "Mattino" ha pensato bene di regalare ai propri lettori in occasione del 25 aprile). |
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Ma andiamo oltre, fingendo di ignorare i problemi gravissimi che una tale citazione, se autentica, pone alla coscienza cattolica in ordine alla legittimità di un simile "pontefice". |
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Che c'entra l'ospedale di Betlemme? (e, di sfuggita, che c'entra l'ordine pubblico? E' questione eminentemente teologica?) Che c'entra l'assistenza ai malati (che ovviamente non può fare distinzione di religione) con una moschea, luogo di culto di un'idolatria organizzata e cui quindi è vietato al cattolico, come corollario del Primo Comandamento, dare il minimo contributo e la minima approvazione? |
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Il culmine della comicità si tocca però nel finale, dove il leader veneto di Cl asserisce che non si tratta di questione da referendum perché il "sì" o il "no" sono una questione troppo secca e che bisogna invece agire "con gesti quotidiani e pazienti", un modo soft per dire che ha paura del parere della gente, una parte della quale non ha ancora del tutto dimenticato, come lui, la direttiva evangelica del "sì sì no no". |
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Concludendo: la questione dimostra come nessun sedicente cattolico, laico o consacrato, ricordi più nemmeno i rudimenti della dottrina della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, in base alla quale un tempio innalzato a un idolo, per di più in terra cristiana, è un peccato mortale tale da attirare su quella terra il castigo divino. Franco Damiani |
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